Automa di Settala

Museo delle Arti Decorative del Castello Sforzesco – 22 Maggio 2014

Realizzazione Unoarte per il Comune di Milano della copia (destinata ad eventuali prestiti) in parte scolpita (testa e busto) e in parte tornita e fresata (altri particolari) su di un legno antico opportunamente scelto – dell’automa originale di Castello Sforzesco. Altre parti in metallo e materiali vari. Montaggio del tutto coerente e funzionale come nella movimentazione dell’originale.

Il Diavolo-automa originale, oggi conservato al Museo delle Arti Decorative del Castello Sforzesco, faceva originariamente parte degli oggetti raccolti da Manfredo Settala all’interno della sua Wunderkammer, camera della meraviglie che racchiudeva oggetti fantastici e inusuali, fenomeno che si diffuse particolarmente tra il XVI e il XVIII secolo.

Quel diavolo d’ automa fa anche le boccacce

Il 17 giugno 1648 l’ arciduchessa Marianna d’ Austria fece tappa a Milano (dove si trattenne per un anno fra ricevimenti, balli di corte, cacce in campagna). Fra le distrazioni che Le furono offerte ci fu anche la visita alla «Camera delle meraviglie» di Manfredo Settala, canonico di San Nazzaro in Brolo, figlio di Ludovico, medico della peste manzoniana del 1630. Dal padre, Manfredo aveva ereditato l’ interesse scientifico e, come i più curiosi eruditi e nobili del XVI e XVII secolo, da Rodolfo II di Praga allo zar Pietro I, collezionava strumenti di misurazione scientifica, come la sfera armillare, reperti naturalistici come coccodrilli, denti di narvalo (considerato il corno del mitico liocorno, simbolo della castità), piume, coralli, conchiglie, pesci dalla strana foggia, uccelli del paradiso, profumi, avori e ogni tipo di esotiche «mirabilia», sia «naturalia» che «artificialia». Fra queste ultime c’ era un busto (probabilmente proveniente da una statua lignea cinquecentesca e in tutto simile al torso del «Cristo alla colonna» dipinto dal Bramante per l’ abbazia di Chiaravalle, ora alla Pinacoteca di Brera) su cui era innestata una testa di diavolo che, grazie ad un meccanismo contenuto nella scatola su cui poggiava la scultura, «si mette a sghignazzare, a cacciare la lingua e a sputare in faccia ai presenti, il tutto in mezzo ad un enorme fragore di catene di ferro e di ruote adattissimo per produrre un vero terrore», come riferiva nel 1739 lo scrittore francese Charles De Brosses. Nel testamento Manfredo Settala aveva lasciato la sua collezione alla Biblioteca Ambrosiana, ma nel 1982, senza chiedere il parere vincolante della Soprintendenza, l’ Ambrosiana mise in vendita l’ automa. Per fortuna la direttrice del museo dove è ora esposto lo vide nella vetrina di un antiquario milanese, lo riconobbe e con lungimiranza lo comprò così che questo curioso tassello della storia milanese che lega l’Austria, l’ Italia e la Spagna, è rimasto in città.